“Hikikomori” è un termine giapponese che significa letteralmente “stare in disparte” e viene utilizzato per riferirsi a quei giovani che si sentono emotivamente costretti a ritirarsi dalla vita sociale per lunghi periodi (da alcuni mesi fino a diversi anni) per proteggersi, perché fuori non si sentono capiti; si rinchiudono cosi nella propria abitazione – meglio nella propria stanza, senza avere alcun tipo di contatto diretto con il mondo esterno, spesso nemmeno con i propri familiari. Le cause possono essere diverse:
• caratteriali: gli hikikomori sono ragazzi spesso intelligenti, ma anche particolarmente sensibili. Questo temperamento contribuisce alla loro difficoltà nell’instaurare relazioni soddisfacenti e durature, così come alla difficoltà nell’affrontare con efficacia le inevitabili difficoltà e delusioni della vita;
• familiari:gli hikikomori possono essere influenzati da tensioni familiari, problemi di coppia tra i genitori, l’assenza emotiva con i genitori o con uno dei due, o l’eccessivo attaccamento con una singola figura sono indicate come possibili cause;
• psicopatologiche: gli hikikomori possono avere comorbidità con disturbi dell’umore e/o caratteriali, quali la depressione, o i disturbi d’ansia o di personalità, ecc.;
• scolastiche: il rifiuto della scuola è uno dei campanelli d’allarme dell’hikikomori. L’ambiente scolastico viene vissuto in modo particolarmente negativo. Molte volte dietro l’isolamento si nasconde una storia di bullismo;
• sociali: gli hikikomori tendono a sviluppare una visione molto negativa della società, soffrendo particolarmente le pressioni di realizzazione sociale, dalle quali cercano in tutti i modi di fuggire.
La sofferenza emotiva porta alla decisione di allontanarsi da ciò che la provoca ed evitare il confronto con le sfide che vengono poste dalla società. La propria stanza diventa un rifugio, dove rimanere protetti e lasciare la sofferenza fuori dalla porta.
Avere a che fare con un hikikomori rappresenta una compito delicato per chiunque. Per non essere respinti bisogna cercare di evitare qualsiasi tipo di forzatura, ponendosi invece nei loro confronti in una modalità empatica e non giudicante. Psicoterapeuticamente parlando questi ragazzi possono essere aiutati sia con un percorso di psicoterapia diretto – individuale o familiare; e sia attraverso un percorso familiare indiretto – senza dunque la necessità della loro imprescindibile presenza alle sedute.
Dott.ssa Claudia Florea – Psicologa Psicoterapeuta Viterbo e Online
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