Quando si verifica la morte di una figura significativa la sua assenza crea un’intensa sofferenza sia psicologica che fisica. Dopo una perdita possono presentarsi sintomi a livello cognitivo (difficoltà di concentrazione, stati confusionali, disorientamento, pensieri ricorrenti), emozionale (paura, rabbia, solitudine, tristezza, disperazione), comportamentale (pianto, disturbi del sonno, diminuzione delle attività quotidiane, disturbi del comportamento alimentare), somatico (cefalee, nausee, stanchezza, dolore addominale, tachicardia, sensazione di soffocamento) e relazionale (isolamento o dipendenza dagli altri). Quando si realizza la perdita esplodono tutte le emozioni più forti. Elaborare il lutto significa avviare un processo di comprensione piena della perdita e di recupero del proprio valore, della relazione e dell’altra persona. Elisabeth Kübler Ross, una delle maggiori studiose in questo campo, nel 1970 ha individuato 5 fasi necessarie all’elaborazione del lutto: “Negazione / Rifiuto” (ancora non si è realizzata la perdita e si vive in uno stato di shock); “Rabbia” (frustrazione e rabbia verso il destino, il mondo e gli altri); “Negoziazione/ patteggiamento” (si cerca di reagire all’impotenza della perdita, cercando delle risposte per analizzare l’accaduto); “Depressione” (profonda tristezza e dolore per la realtà); “Accettazione” (ritorno alla vita conservando i ricordi). È molto raro che tale percorso sia lineare. È molto più comune che, soprattutto all’inizio, si oscilli da una fase all’altra. Ciò che importa non è la regolarità nell’attraversare le fasi ma piuttosto che, pian piano, si proceda fino ad arrivare all’ultima. Quando però l’elaborazione viene interrotta, marcatamente rallentata, o bloccata in una fase, quel profondo disagio si amplifica, diventa cronico, si tramuta in patologie organiche, nell’incapacità di andare avanti, in problemi psicologici, in un profondo malessere interiore di cui non si comprende nemmeno più l’origine. In queste situazioni si può parlare di un lutto complicato o irrisolto. Quando non riusciamo ad elaborare a volte la persona si congela in una di queste fasi e l’elaborazione non si completa. Questi sentimenti, così a lungo trattenuti, potrebbero manifestarsi sotto forma di sintomi, dal mal di testa all’attacco di panico. Il termine lutto deriva dal latino “lungere” e significa piangere. Per uscire da un dolore come il lutto bisogna prima attraversarlo. Per sciogliere un dolore cosi grande bisogna autorizzare il dolore stesso ad uscire, dandogli Noi il permesso, per potersi sfogare.
Cosa accade dentro di noi quando qualcuno a cui vogliamo bene ci lascia? Quando si perde una persona cara non perdiamo solo il nostro papà, la nostra mamma, i nostri nonni, il nostro partner, il proprio figlio, o il nostro amico, ma perdiamo anche una parte di Noi, quella parte di Noi che l’altro teneva in vita. Quando si affronta un lutto la persona che sta soffrendo è nascosta dalla montagna di dolore. Vi è quindi un bisogno di ricostruire il proprio mondo, di ristabilire una uniformità tra il mondo di prima e quello di adesso.
Gli obiettivi principali del lavoro psicologico riguardano l’aiutare la persona a padroneggiare il proprio dolore e il sostenerla nel difficile lavoro di riscrivere il proprio futuro. Il lutto, con il suo carico di fatica emotiva e dolore, a volte può essere considerato anche una crisi evolutiva: infatti è nelle relazioni con alcune persone che costruiamo gran parte della nostra identità. La perdita di queste persone ci costringe a mobilitare tutte le nostre risorse per consolidare la nostra identità.
Dott.ssa Claudia Florea – Psicologa Psicoterapeuta Viterbo e Online
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